C’È UN UOMO CHE VUOLE LA VITA E DESIDERA GIORNI FELICI?
Meditazioni con i ragazzi delle superiori durante le vacanze a Cervinia
Don Paolo Pietroluongo
Perché siamo qui?
Pensando a questi giorni, prima della partenza, scorrendo l’elenco delle persone che sono qui, alcune che conosco da anni, altri che conosco appena, altri ancora che non ho mai visto, mi son domandato: “come mai così tanti ragazzi hanno deciso di passare 5 giorni in montagna, insieme ad altri ragazzi?”. Cosa ci ha spinto, in fondo, a lasciare le nostre case e la nostra monotonia? Alcuni di voi sarebbero potuti rimanere a Torino, altri avrebbero potuto fare altre cose. Certo, alcuni diranno: “volevo fare una nuova esperienza; volevo passare dei giorni con i miei amici; non volevo annoiarmi a Torino”. Tutto vero. Ma, in fondo, perché siamo qui? Cosa ci ha portato fino a qui? Tutte queste risposte, che potreste dare, nascondono qualcosa di più profondo.
Siamo qui perché siamo alla ricerca di qualcosa. Ognuno di noi, anche l’ultimo arrivato, è qui perché in fondo sta cercando qualcosa per la sua vita. Anche chi si aspetta solo “una nuova esperienza”, in fin dei conti è qui perché spera che quella nuova esperienza segni l’inizio di qualcosa. Chi è venuto qui perché “vuole stare con i propri amici”, è qui perché è alla ricerca di un amore vero; chi è venuto qui perché “altrimenti a Torino si sarebbe annoiato”, è qui perché desidera una vita felice, e soffre, soffre terribilmente quando sembra che tutto sia vuoto, piccolo, noioso, per il suo cuore. Siamo qui perché siamo alla ricerca di qualcosa capace di dare senso, amore, felicità alla nostra vita. Pensiamo un attimo, nel silenzio della nostra anima, se nella nostra vita ci sono senso, amore e felicità e quando li abbiamo vissuti veramente l’ultima volta.
Un grido insopprimibile
Questi desideri che ci troviamo dentro, non dobbiamo avere paura di guardarli. Amici miei, ognuno di noi ce li ha questi desideri! Sono proprio questi desideri che ci fanno persone, che ci fanno uomini e donne. Sono questi desideri che hanno reso grandi i grandi della storia: Dante, Mozart, Beethoven, Einstein, e così via. È da questi desideri che sono nate le scoperte scientifiche, le più belle poesie, i quadri più belli, la Bellezza che tanto ci attrae. Per quanto possiamo affogarli nei social, nella noia, nella superficialità, questi desideri profondi del nostro cuore, vengono fuori, sempre, in modo nuovo e diverso, perché tutti desideriamo essere felici, tutti! C’è dentro di noi un grido insopprimibile di senso, amore, felicità che di tanto in tanto riaffiora fuori e che non riesci a controllare. Dante, nel Purgatorio, l’ha detto con queste bellissime parole:
Ciascun confusamente un bene apprende
nel qual si queti l’animo, e disira;
per che di giugner lui ciascun contende.
È Dio stesso che ha messo in noi questi desideri perché noi arriviamo a cercarlo. Questi desideri sono il nostro motore, la nostra ricchezza, affinché noi possiamo arriviamo a Lui, perché solo Dio ha la possibilità di rispondere totalmente a questi desideri del cuore. Il nostro cuore inquieto è fatto per Te, o Dio, e noi siamo inquieti finché non riposiamo in Te. E quando sentiamo riaffiorare questi desideri, di senso, amore e felicità, è Dio stesso che sta bussando di nuovo al nostro cuore perché noi torniamo a Lui. Per trovare finalmente la pace.
Un avvenimento presente
Questo bussare di Dio alla porta della nostra vita Dio è qualcosa di presente. Dio ha bussato alla porta della vita dell’uomo attraverso suo Figlio Gesù Cristo, e ancora oggi bussa. Nella vita di qualcuno di voi, Cristo ha già bussato, qualcuno di voi l’ha già riconosciuto e già vive un rapporto con Lui. Perché Cristo è un avvenimento presente in mezzo a noi. Non si tratta di qualcosa di passato, di un’emozione bella vissuta nel passato, di un ricordo gioioso del passato. Non stiamo qui a ricordare come era prima, ma a riconoscere che Cristo continua a bussare alla porta della nostra vita e risveglia il nostro cuore in un’infinità di modi. A volte bussa con forza, attraverso avvenimenti misteriosi che fa accadere, a tratti anche dolorosi; altre volte bussa attraverso il sorriso di un bambino o il volto di una persona povera; altre volte bussa nel silenzio della sera, quando una strana malinconia scende nel nostro cuore. Non possiamo restare ancorati al passato, a quello che è successo anni fa, alla nostalgia del passato.
Ha scritto un poeta del Novecento, Giorgio Caproni:
Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi, né che sia.
Soltanto ne conserviamo
– pungente e senza condono –
la spina della nostalgia.
Non abbiate paura di questi colpi alla porta e dei sussulti del cuore: Egli vuole entrare in rapporto con voi, oggi! Cristo è un avvenimento presente!
Zaccheo
Per farvi capire cosa sto dicendo, vi leggo un brano del Vangelo. Siamo a Gerico, vicino a Gerusalemme, dall’altra parte del Giordano. Un paese in mezzo al deserto. Di fatto è un’oasi, abbastanza grande e lunga, come una striscia di terra che segue il corso di un piccolo fiume. All’inizio di questo Paese, proprio alle porte della città, si presenta Gesù.
Un cieco è lì a chiedere l’elemosina. Gesù passa, parla con lui, lo guarisce.
La notizia del miracolo si diffonde per tutta la città di Gerico, tutti corrono avanti per dire ciò che ha appena fatto Gesù. E così tutti escono sulla strada principale di Gerico, si affacciano a vedere quest’uomo che compie prodigi. Tutti lo invitano a casa propria, lo invitano ad entrare. In Medio Oriente l’ospitalità è tutto. Ma Gesù, assieme ai suoi discepoli, tira dritto. Non perde tempo solo chi vuole vantarsi di averlo avuto a casa propria a cena.
Tra le persone che si erano affacciate lungo la strada principale c’era un uomo, di nome Zaccheo: era il capo dei mafiosi di Gerico. Uomo basso di statura, riscuoteva le tasse per i Romani, ma ci faceva la cresta. La gente di Gerico lo sapeva, e lo odiavano tutti dal profondo del proprio cuore. Un odio viscerale. Zaccheo ne era consapevole, ma si era abituato agli sguardi malevoli della gente, si era abituato a quell’odio che sentiva addosso quando camminava per Gerico; si era abituato a vivere da solo, senza nessuno che lo capisse. Zaccheo era il peggiore di tutti. E più sentiva addosso quell’odio, più Zaccheo ci godeva ad opprimere la gente di Gerico.
Zaccheo, incuriosito da quel frastuono, era uscito sull’uscio di casa e provava a vedere Gesù. Ma era piccolo di statura. Cercava di farsi spazio tra la folla, ma niente. Quando la gente lo riconosceva, gli chiudeva ogni varco, perché non vedesse.
Ostinato, sempre più curioso, Zaccheo corse davanti al corteo che accompagnava Gesù. Giunse all’altro capo della città, praticamente al confine opposto da dove era entrato Gesù. Vi era lì un sicomoro. I sicomori sono piante particolari, perché hanno un tronco enorme, cavo, e venivamo poste fuori della città…erano, di fatto, dei bagni pubblici. La gente vi entrava, faceva i propri bisogni e usciva. Zaccheo, incurante di tutto ciò, si avvicina al Sicomoro, sale e attende Gesù.
Cosa c’era nel cuore di Zaccheo? Cosa l’ha spinto a mettere letteralmente i piedi nudi negli escrementi e a salire? Era solo curiosità? In quell’uomo c’era un insopprimibile desiderio di essere perdonato, di sentire una voce amica capace di perdonarlo, una voce amica che gli dicesse: tu vai bene così come sei. Zaccheo, come tutti noi, è alla ricerca di qualcuno che possa perdonarci, abbracciarci, svelarci il senso delle cose, donarci amore e felicità. E questi desideri non lo fermano neanche davanti al letame. Sale sul sicomoro e attende.
In quell’istante arriva Gesù, si accorge che tra i rami c’è un uomo. Lo conosce già, ancor prima di parlare, lo conosce già per nome. “Zaccheo”, gli dice. Zaccheo non sentiva pronunciare il suo nome da tempo, nessuno più lo chiamava per nome. Per tutti era il mafioso. Tutti si aspettavano un rimprovero da parte di Gesù. E invece Gesù gli dice: “Scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Gesù, che aveva rifiutato gli inviti della gente perbene di Gerico, si autoinvita a casa del peggiore di tutti. E Zaccheo, per la prima volta nella sua vita, dopo tanto, si è sentito dire “Tu vai bene così come sei”.
Senza quel suo desiderio di bene, di perdono che si portava dentro, Zaccheo non avrebbe mai incontrato Gesù di persona. Dobbiamo perciò prenderci cura di questi nostri desideri, perché essi sono la strada, come successo per Zaccheo, di trovare il perdono, il senso, l’amore. Sono la strada per poter incontrare Cristo che bussa alle porte della nostra anima. A noi è chiesto solo di starci con la nostra libertà, di dare a Lui una possibilità.
Immaginiamoci di nuovo Zaccheo. Immaginiamoci il momento in cui è davanti alla porta di casa sua, prima di uscire in mezzo alla folla per vedere quell’uomo di cui tutti parlavano bene, che tanto bene faceva alle persone che incontrava. Immaginiamocelo con la mano sulla maniglia, poco prima di uscire. Avrebbe potuto pensare: quest’uomo non è qui per me, quest’uomo non cerca uno come me, non sono adeguato all’incontro con quest’uomo; e poi, se esco, cosa penserà la gente di me? I loro giudizi già li conosco. E immaginiamocelo che si volta, torna indietro e resta chiuso in casa, a pensare alla sua miseria umana, alla sua cattiveria. Se fosse accaduto questo, quale tristezza avrebbe riempito la sua casa!
Questi pensieri invadono anche la nostra mente. Quante volte pensiamo di non essere adeguati come figli, come amici, come fidanzati, come persone? Quante volte pensiamo, senza dirlo, che siamo ancora immaturi a causa delle nostre invidie e gelosie? Quante volte abbiamo paura del giudizio dei nostri amici, per come ci vestiamo, per come parliamo, per quello che pensiamo?
Dobbiamo imparare da Zaccheo, sì, dobbiamo imparare da questo mafioso, dal suo coraggio. Il coraggio di prendere sul serio i suoi desideri più profondi, di amore, di senso, di felicità, di perdono. Questi suoi desideri l’hanno spinto a uscire, a cercare, a mettere i piedi nel letame, ad arrampicarsi su quell’albero. Impariamo da quest’uomo che non ha avuto paura di cosa pensasse la gente, ma ha dato ascolto a ciò che c’era nel suo cuore. E così, ha incontrato Colui che l’ha guardato in faccia, senza scandalo, senza giudizio; ha sentito il suo nome vibrare e si è sentito amato, voluto: Tu vai bene così come sei.
Quando lo sguardo di Zaccheo ha incontrato lo sguardo di Gesù, qualcuno aveva bussato alla porta del suo cuore. Era bastato sentire il suo nome pronunciato da Gesù che tutto aveva assunto un colore diverso. Non pensava più alle sue difficoltà, alle sue miserie, alla sua povertà umana, al giudizio della gente, a quello che la gente pensava di lui. Non pensava più a quanto era inadeguato. È bastato che Gesù dicesse: Zaccheo! che tutto sembrava svanito. Zaccheo era preso ormai da quell’uomo che lo aveva chiamato per nome. Quanto avrei voluto essere lì presente per sentire il tono della voce di Gesù! Possiamo capirla questa esperienza di Zaccheo, almeno in parte: tutte le volte che facciamo esperienza di essere amati, di essere voluti, così come siamo, anche dentro i nostri peccati e le nostre mancanze, allora prendiamo coraggio, siamo risollevati, finalmente facciamo l’esperienza di valere qualcosa. E quella sete di senso, di amore, di felicità, di perdono sembra trovare sbocco.
Nel rapporto con Cristo questa esperienza è ancora più forte. Non cerchiamo di nasconderci, non ci sottraiamo a questo sguardo di Cristo alla nostra vita. È uno sguardo benevolo, misericordioso, che ha pietà della nostra vita. Egli vuole salvarci gratis! Non dobbiamo essere perfetti per stare lì con Gesù. Se tu lasci spazio allo sguardo di Gesù sulla tua vita, allora riuscirai ad accettarti, riuscirai a volerti più bene, riuscirai con grazia del suo amore, anche a vincere le tue passioni più profonde, a vincere le invidie, le gelosie, riuscirai ad essere contenta di te stessa, a volerti più bene. Ad esempio, quante volte ci scandalizziamo ancora delle gelosie, delle invidie, delle recriminazioni… e facciamo fatica nel rapporto con gli altri. E allora proviamo mille strategie per guarire da queste dinamiche, ma poi ci ricadiamo. E invece, è solo un Amore che ci guarisce! Anzi, l’amore di Cristo ci guarisce, e ci guarisce gratis.
Possiamo fare la stessa esperienza di Zaccheo, di sentire chiamato il nostro nome, nei sacramenti che la Chiesa ci offre, nell’Eucarestia e nella Confessione, in cui veniamo chiamati per nome e perdonati. Solo quest’amore misericordioso ci guarisce, e ci guarisce gratis, per grazia.
Gesù si era invitato a casa di Zaccheo: scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua. Gesù sapeva chi era Zaccheo, sapeva che si trattava di un mafioso. Eppure, non ha problemi, vuole andare a casa sua. Egli, che poco prima aveva rifiutato gli inviti di tutti, delle persone più prestigiose della città di Gerico, ora si invita a casa dell’ultimo.
Quando tu trovi uno che è pronto ad ascoltare ciò che c’è nel tuo cuore, quando trovi uno capace di ascoltare i tuoi desideri e le tue paure, quando trovi uno che ti ama gratis, tu sei pronto a cambiare. Gesù non aveva chiesto niente in cambio, non aveva chiesto a Zaccheo di smettere, di essere diverso. L’aveva salvato gratis, l’aveva amato gratis. E Zaccheo dice, davanti a tutti, lui che poco prima aveva vergogna di farsi vedere per strada: Ecco Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri, e se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto. I sentimenti di Zaccheo sono cambiati: davanti all’affetto di Gesù, al suo sguardo pieno di misericordia, nascono in Zaccheo sentimenti nobili. Egli ora vuole aiutare, vuole restituire, vuole ripagare.
Tutti noi vogliamo sentimenti nobili; nessuno di nuovo vuole essere una mezza cartuccia, nessuno di nuovo vuole essere un uomo piccolo. Noi vogliamo essere nobili d’animo! Noi vogliamo essere coraggiosi! Noi vogliamo essere innocenti! Vogliamo essere capaci di rigettare il male e la menzogna, per vivere nel bene e nella verità! Noi vogliamo essere capaci di sacrificarci per le cose in cui crediamo, per i nostri amici, per la donna che amiamo! Questi sentimenti, ragazzi, sono possibili da coltivare e da vivere. Ma non in virtù della nostra forza volontà. Già lo sappiamo, cadremmo dopo due secondi e torneremmo ad essere bestiali e carnali come sempre. Eppure, se tu ti avvicini a Cristo, e impari da Lui, vedrai che a poco a poco i tuoi sentimenti iniziano ad essere quelli di Cristo, le tue parole quelle di Cristo, i tuoi gesti quelli di Cristo, il tuo amore quello di Cristo. Ma scusate: ma vi rendete conto del lavoro che fate in Casa Santa Giulia? Alla Caritas o con i bambini? Vi rendete conto di quanto bene contribuite a realizzare? A quanto tempo donate? Non siete diventati anche voi nuove creature? E anche se sbagli, e cadi centro volte, sai che ti puoi sempre rialzare e tornare da Lui e chiedere di nuovo a Lui vita nuova, proprio come ha fatto Zaccheo.
Alla fine di questo cammino, il rischio più grande potrebbe essere quello di pensare che è solo un’immaginazione; che le cose che ci siamo detti in realtà non sono vere. Per fortuna non è così. Dio ci ha messo dentro una comunità cristiana che si chiama Chiesa, dentro la quale possiamo vivere le cose che ci siamo detti, dentro la quale possiamo imparare a vivere i nostri desideri e ad incontrare Cristo. Una comunità in cui stiamo imparando a correggerci; in cui stiamo imparando a vivere all’altezza dei nostri desideri; una comunità che ci ricorda cosa è veramente essenziale. Per fortuna che è così: perché altrimenti saremmo in balìa dei nostri pensieri. E invece, fin dall’inizio, Dio ha sempre scelto di comunicarsi attraverso una realtà umana, sempre! È questo il metodo che Dio ha scelto: si comunica attraverso degli uomini.
Se dentro di noi restano dei dubbi, non capiamo, facciamo fatica perché ci distraiamo, ci dimentichiamo, ci allontaniamo, questo non deve scandalizzarci. È normale. Ecco perché ci è stata donata la preghiera. Io non potrei più vivere senza pregare, perché è pregando che io chiedo, supplico, mi rivolgo a Dio perché mi doni fede, perché Dio mi faccia capire. Ecco perché preghiamo ogni mattina. Perché ogni mattina chiediamo a Dio di risvegliare il nostro cuore. Perché ogni mattina chiediamo di farci incontrare Cristo. Come cambierebbero le nostre giornate se ogni mattina chiedessimo, mentre andiamo a scuola, in parrocchia o a lavoro: Signore, oggi ti prego, mostrati, parlami, sveglia il mio cuore perché possa incontrarti. Le nostre giornate cambierebbero radicalmente, perché allora la giornata non sarebbe più solo qualcosa da subire, ma qualcosa da vivere con il cuore spalancato. Tu ti puoi svegliare il mattino come uno che deve andare ai lavori forzati, o come uno che chiede, che chiede di vedere Colui che ti ama.
Ecco il senso della preghiera che facciamo tutte le mattine: Signore, mostrati a noi, fatti vedere presente.