TI FIDI DI ME?

Quaderni di Casa Santa Giulia

don Paolo Pietroluongo

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La storia di Gedeone

(Giudici 6, 11-24)

Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita. Gedeone, figlio di Ioas, batteva il grano nel frantoio per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!». Gedeone gli rispose: «Perdona, mio signore: se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: «Il Signore non ci ha fatto forse salire dall’Egitto?». Ma ora il Signore ci ha abbandonato e ci ha consegnato nelle mani di Madian».
Allora il Signore si volse a lui e gli disse: «Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?».
Gli rispose: «Perdona, mio signore: come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre». Il Signore gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo».
Gli disse allora: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che proprio tu mi parli. Intanto, non te ne andare di qui prima che io torni da te e porti la mia offerta da presentarti». Rispose: «Resterò fino al tuo ritorno».
Allora Gedeone entrò in casa, preparò un capretto e con un’efa di farina fece focacce azzime; mise la carne in un canestro, il brodo in una pentola, gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì. L’angelo di Dio gli disse: «Prendi la carne e le focacce azzime, posale su questa pietra e versavi il brodo». Egli fece così. Allora l’angelo del Signore stese l’estremità del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; dalla roccia salì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime, e l’angelo del Signore scomparve dai suoi occhi.
Gedeone vide che era l’angelo del Signore e disse: «Signore Dio, ho dunque visto l’angelo del Signore faccia a faccia!». Il Signore gli disse: «La pace sia con te, non temere, non morirai!». Allora Gedeone costruì in quel luogo un altare al Signore e lo chiamò «Il Signore è pace». Esso esiste ancora oggi a Ofra degli Abiezeriti.

Dio prende l’iniziativa

Quando avevo circa 21 anni piangevo spesso. Erano gli anni delle grandi scelte, quelle che almeno per un po’ avrebbero segnato la mia vita. Piangevo perché non capivo. Non capivo dove Dio volesse portarmi. Non avevo una vita triste, assolutamente no. La mia vita era piena di tante cose belle: gli amici, gli incontri e le chiacchierate profonde, le serate trascorse a parlare anche di cose inutili, lo stadio ecc… Ma quando mi fermavo a pensare a me stesso, veniva fuori la domanda: cosa ne sarà della mia vita? Cosa è stato pensato per me? Quali sono i miei doni che sono stati fatti solo a me? Perché mi spaventa prendere questa o quella decisione? Dove mi porterà e che sentiero percorrerò? Ne parlavo spesso con i miei amici. A tavola, alla sera, in un appartamento di tutti maschi, si mettevano a tema queste cose, senza paura, con grande serietà. È stato un periodo bellissimo della mia vita, anche se piangevo spesso. 

Vi ho proposto la storia di Gedeone perché la sua vicenda, anche se contiene nomi ed esperienze lontane da noi, in realtà è molto vicina. È la storia di un uomo che ha desideri, ha energie da vendere, non si spaventa di contestare e di opporsi, ma allo stesso tempo ha paura; vorrebbe coraggio per affrontare la vita ma non sa dove prenderlo; desidera dei segni per capire, ma non sa come leggerli. Gedeone potrebbe essere un giovane universitario o neo-lavoratore che si pone lo stesso tipo di domande.

Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita. Gedeone, figlio di Ioas, batteva il grano nel frantoio per sottrarlo ai Madianiti. L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!».

Capiamo innanzitutto, il contesto: Gedeone fa parte del popolo d’Israele che (stranamente!) è in guerra contro i popoli attorno. In particolare, qui si parla dei Madianiti che avevano attaccato Israele (all’epoca era un piccolo popolo) e lo stavano distruggendo: devastavano i campi, i raccolti e uccidevano le loro bestie. Gli Israeliti si nascondevano negli antri e nelle caverne dei monti. Gedeone era all’opera per sottrarre il grano ai Madianiti e tenerlo per la sua famiglia.

In questo contesto, ecco l’avvenimento: l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra. La cosa più importante è l’azione di Dio. Chi prende l’iniziativa è sempre Dio nella nostra vita. L’ha fatto centinaia di volte, lo fa sempre, ma noi ahimè ce ne rendiamo conto solo poche volte. Come l’ha fatto per la Madonna – ecco perché recitiamo l’Angelus, per far memoria che è Dio che prende l’iniziativa. Egli, il Dio del Cielo e della Terra, da cui tutto proviene, desidera entrare in rapporto con noi. L’iniziativa di Dio non è un’iniziativa da capoufficio (mi alzo e vengo a chiederti qualcosa perché tu la faccia), ma è un’iniziativa carica di desiderio, di affetto. Io mi avvicino a te perché voglio farlo, ti stimo degno della mia presenza, e mi avvicino, a volte in modo più irruento a volte in modo più sottile, silenzioso, ma mi avvicino. Se perdiamo di vista questo, tutte le grandi domande (Chi sono? Dove devo andare? Cosa devo fare della mia vita?) che si agitano dentro di noi ci pressano, ci spaventano. Dobbiamo sempre far memoria del fatto che Dio fa la prima mossa carica di affetto e di attenzione nei nostri confronti. Se è così, se nella nostra vita iniziamo a prendere coscienza che c’è Qualcuno che prende l’iniziativa con noi, la vita inizia ad avere spessore, profondità; un senso di mistero buono l’avvolge; come un dono che ci raggiunge, inaspettato, imprevisto; un dono che squarcia la giornata e che ci fa vedere oltre.

L’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra.

La vita di Gedeone è cambiata! Qualcuno ha preso l’iniziativa nei suoi confronti. Domandiamoci allora: quando possiamo dire che Dio ha preso l’iniziativa nei nostri confronti? Possiamo pensare a dei fatti concreti in cui questo è accaduto nell’ultimo periodo?

Il racconto poi va avanti e sappiamo che Gedeone sta lavorando il grano per sottrarlo ai Madianiti. E questo non è un caso. Perché Dio fa così. Quando tutto va bene, ci vuole una grande maturità per capire che è Dio che sta operando. E invece a volte Dio ci fa essere in guerra, come Gedeone, in una guerra interiore intendo. E ci manca tutto: sembra che ci manchi il grano, le bestie, le coltivazioni. Non è un caso che Dio intervenga di più nei momenti di crisi. Perché brilli di più la Sua luce. Quando va tutto bene abbiamo la tentazione di pensare che è perché siamo forte, siamo fighi, siamo bravi, siamo persone che ce l’hanno fatta. E invece a volte Dio ci fa passare attraverso piccole o grandi guerre interiori perché la Sua luce brilli più forte, perché riconosciamo con più chiarezza che Lui sta arrivando.

L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: «Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!».

A Dio non basta prendere l’iniziativa. Qui c’è tutto il modo di fare di Dio, che parla all’uomo e lo stima. Capiamo? La stima è davvero un sentimento nobile, maturo, adulto. Io ti stimo, riconosco il tuo valore. Gedeone era un agricoltore, non era uno dei capi (lo sarebbe diventato), era uno che zappava la terra. Dio gli appare e gli dice “Tu sei forte e valoroso”. Gedeone non gli aveva chiesto niente, non gli aveva detto “Guarda, Dio, ma secondo te io valgo qualcosa? Io sono bravo? Dimmelo!”. Dio per chiamare Gedeone gli dice due sue caratteristiche: “uomo forte e valoroso”. Dio ci guarda dentro, ci guarda nel cuore e vede cose che neanche noi conosciamo della nostra personalità. Abbiamo sempre un giudizio su noi stessi che non è totale. Chi ci conosce fino in fondo? Chi vede ciò che neanche noi conosciamo? Tu mi scruti e mi conosci […] ti sono note tutte le mie vie […], nemmeno le tenebre per te sono oscure [hai uno sguardo diverso persino su ciò che io penso sia tenebra], tu mi conosci fino in fondo (Cfr Sal 138 1, 3, 12, 14). Dio vede la nostra nobiltà d’animo, vede ciò che neanche noi vediamo. Prende l’iniziativa e, anche in un momento di prova o di difficoltà, vede ciò che in noi è buono. Ma pensiamo come deve essersi sentito questo ragazzo sentendosi chiamare così da Dio! Pensiamo che forza e che coraggio sono nati in lui, e possono nascere in noi, quando percepiamo la nostra forza e il nostro valore! Riflettiamo un attimo allora: abbiamo stima di noi stessi?

Domande per la riflessione personale:

  • Quando posso dire che Dio ha preso l’iniziativa nei miei confronti? Posso pensare a dei fatti concreti in cui questo è accaduto nell’ultimo periodo?
  • Ho stima di me stesso? Una disistima eccessiva di noi stessi non è ciò che Dio vuole da noi! E allora cosa mi aiuta a recuperarla? Come fare?

Le nostre obiezioni all’iniziativa di Dio

Abbiamo detto che Dio continuamente prende l’iniziativa, ci sveglia, vuole entrare in rapporto con noi. L’ha fatto in maniera solenne alcune volte (e tutti noi sappiamo quali sono quei momenti, quelle pietre miliari, in cui abbiamo avvertito in maniera chiara la presenza di un Mistero Buono nella nostra vita), ma succede anche nella semplicità di tutti i giorni, piccoli momenti di luce che squarciano il velo delle giornate, un dono, qualcosa di inaspettato che ci fa vedere oltre e ci dona pace. Quando viviamo così, con la mente attenta a questa iniziativa, a questo dialogo con Dio che vuole intrattenere con noi, tutte le nostre domande più profonde (dove andiamo? Cosa ne sarà di noi? Quale decisione è giusto prendere? Che indirizzo sto dando alla mia vita? Perché sono spaventato?) prendono il giusto posto. La nostra vita non è gettata nel caos, ma è un dialogo con Dio.

Ora, vediamo cosa accade nel seguito della vicenda di Gedeone. Ebbene, questo ragazzo giovane, neo-lavoratore o universitario, dopo che Dio entra in relazione con lui, si dimentica subito che chi gli sta davanti è il Signore. E subito nascono delle obiezioni, si lamenta, vengono fuori i problemi.

Gedeone gli rispose: «Perdona, mio signore: se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: «Il Signore non ci ha fatto forse salire dall’Egitto?». Ma ora il Signore ci ha abbandonato e ci ha consegnato nelle mani di Madian».

La prima domanda di Gedeone è “Perché?”, è una domanda di senso, per cercare di capire. La prima obiezione è sull’incomprensione delle parole di Dio, che quando parla non è chiaro, non si spiega bene. Perché ci sono i nemici che ci fanno guerra, se tu sei con noi? Potremmo tradurre: se Tu, Dio, sei con noi, e prendi anche l’iniziativa, perché la mia vita è un caos? Perché non so dove andare? Perché mi fa paura il futuro? Perché non capisco? Perché sembra che Tu voglia spezzare i miei sogni? Perché, se Tu sei con noi, a volte è così difficile vivere e invece di lanciare in alto il cuore e vivere da uomini forti, coraggiosi e nobili, viviamo da deboli, vili, pigri? Qui c’è una grande verità che dobbiamo riscoprire: abbiamo bisogno di pazienza. Pazienza, pazienza!

Mi rendo conto che questo, per tutti noi (a qualsiasi età), è difficilissimo, perché siamo abituati ad avere tutto, tutto a disposizione con un click, con un semplice gesto. E invece la vita, il nostro posto nel mondo, si capisce e si svela a poco a poco. C’è un tempo di attesa che dobbiamo imparare ad accogliere, ma questa sospensione ci spaventa, perché non sappiamo quali saranno le tempistiche. Dobbiamo accoglierla questa attesa, perché è santa, è benedetta, e dobbiamo farle posto dentro di noi, perché senza di essa non diventiamo grandi. Gedeone, come noi, vorrebbe risolvere tutto e subito. Invece no, diventare grandi (non anagraficamente) vuol dire sapere attendere, sereni, come un bimbo tra le braccia della mamma. Attendere che Lui, che ha già preso l’iniziativa tante volte, la riprenderà ancora e ci farà capire.

Domandiamoci allora: Cosa sto attendendo ora nella mia vita? E come vivo questa attesa, con ansia o con la fiducia in Dio?

Dio, però, non vuole che noi ce ne stiamo semplicemente fermi immobili, infatti, dice a Gedeone:

Va’ con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?

Va’. Dio non sta lì a dare spiegazioni, a giustificarsi. Dio non si spaventa delle nostre obiezioni, del fatto che non capiamo. No! Ti dice: Va’, salva Israele. Cioè affida un compito preciso a Gedeone. E qui si capisce il senso della pazienza che Dio ci chiede. Non si tratta di uno starsene con le mani in mano. Va’, vivi, fai ciò che ti viene chiesto: lavorare, studiare, prenderti cura delle piccole o grandi responsabilità.

Non è stando lì a pensare, a lamentarci, ad obiettare, che capiremo qual è il nostro posto. Ma è facendo ciò che ci viene chiesto di fare. Perché dal di dentro capiremo, con pazienza, ciò che il Signore vuole da noi, perché ci darà dei segni, capiremo meglio i doni che abbiamo ricevuto, troveremo pace in una cosa piuttosto che in un’altra, delle piccole intuizioni, che poi diventeranno grandi certezze. Noi-ci-conosciamo-in-azione.

Questa è la grande pedagogia di Dio che ci lancia nel mondo a fare cose anche se siamo imperfetti, anche se il suo disegno non è chiarissimo. Per capire ciò che Dio vuole da noi, partiamo dal presente, da ciò che c’è e ci viene chiesto.

Domandiamoci allora: vivo proiettato nel futuro oppure sono attento al mio presente, a ciò che Dio mi chiede di vivere? E ciò che Lui mi chiede di fare, lo sto facendo veramente, con serietà?

Visto che, però, siamo testardi, ecco la seconda obiezione di Gedeone:

Gli rispose: «Perdona, mio signore: come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre».

Se la prima era “Perché?”, cioè una domanda sul senso, sul fatto che Dio non è chiaro quando parla – ma poi si è spiegato – ora la seconda obiezione di Gedeone è su stesso: “Come farò?” Come farò a fare quello che mi chiedi se io sono un poveretto? Sono debole, ho le mie ferite, le mie incapacità?

Tante volte, se non possiamo dare la colpa a Dio, la diamo a noi stessi… e forse questo è addirittura peggio, perché getta un’ombra, un sentimento di scontentezza nelle nostre giornate.

Dio non fa lo psicologo, non gli dice: “Gedone, guarda che quello che tu dici in realtà denota una certa tua immaturità, una tua debolezza, dobbiamo parlarne meglio”. Vediamo, invece, la risposta di Dio:

Il Signore gli disse: «Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo».

Dio non ripete le doti di Gedeone, uomo forte e valoroso, ma gli dice: Io sarò con te. La forza ci viene dalla promessa che Egli è, e sarà sempre con noi. Quanto deve maturare il nostro sguardo di fede sulle nostre giornate!

Noi diciamo di aver fede, ma poi ci preoccupiamo di tutto, come se Dio non ci fosse e non si prendesse cura di noi. Io sarò con te, dice Dio a Gedeone, e lo dice a ciascuno di noi.

Piuttosto che arrovellarci per risolvere i nostri problemi (interiori e non), le nostre debolezze e ferite, lasciamo entrare questa luce di Dio nelle nostre vite.

Non preoccupiamoci di ciò che in noi è ancora immaturo e debole, preoccupiamoci piuttosto di fare entrare la Sua luce, la Sua promessa, la Sua forza.

Domande per la riflessione personale:

  • Cosa sto attendendo ora nella mia vita? E come vivo questa attesa? Con ansia o con la fiducia in Dio?
  • Vivo proiettato nel futuro oppure sono attento al mio presente, a ciò che Dio mi chiede di vivere? E ciò che Lui mi chiede di fare, lo sto facendo veramente, con serietà?
  • Come impiego le mie energie? A scacciare il male o piuttosto a coltivare ciò che è luce e bontà?

I segni che Dio ci manda

Abbiamo visto che Dio può prendere l’iniziativa miliardi di volte con noi, e di fatto lo fa. Abbiamo, però, anche visto come noi tante volte ci opponiamo a questa iniziativa e mettiamo davanti tante scuse: Dio non si capisce quando parla, non si spiega bene; Dio sembra “giocare” con noi; addirittura sembra che, in alcuni casi, Lui mandi in rovina i nostri sogni e desidèri, proponendoci strade che non avevamo considerato e che sembrano in contraddizione con noi.

Altre volte, anche quando capiamo, diamo la colpa a noi stessi: non ce la posso fare; sono piccolo e povero, non ho le capacità, altro che uomo forte e valoroso. Dio, però, nella sua infinita tenerezza, viene in nostro soccorso e ci ricorda che Lui è con noi, sempre. E ci ripete le stesse cose: sono con te, non ti lascio. Proprio come una madre col bambino spaventato, ripete sempre le stesse cose: ti voglio bene, ti voglio bene. E noi riprendiamo coraggio. E così, tutte quelle domande profonde (dove andiamo? Che scelta prendere? Come vincere l’ansia di un nuovo percorso? Che ne sarà di noi?), tornano ancora più forti di prima, più vere di prima. E con pazienza, ascolto, buttandoci in quello che ci viene chiesto di fare tutti i giorni, FORTI DELLA SUA PRESENZA, iniziamo a capire…

Tutto bellissimo, vero. Poi, però, noi dobbiamo prendere una strada o l’altra. Come facciamo? Come possiamo capire? Alla fine, il dramma della scelta non ce lo leverà mai nessuno.

Torniamo per un momento dal nostro caro amico Gedeone che, dopo aver ricevuto la visita di Dio, dover aver fatto l’elenco delle cose che non andavano, inizia a capire che forse Dio la sa più lunga e chiede:

Gli disse allora: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che proprio tu mi parli. Intanto, non te ne andare di qui prima che io torni da te e porti la mia offerta da presentarti». Rispose: «Resterò fino al tuo ritorno».

Questo è il primo punto. Dammi un segno […] intanto non te ne andare. Abbiamo bisogno di segni. Questa è l’intelligenza di Gedeone, che vorrei che arrivasse anche a noi. Abbiamo bisogno di segni per prendere le nostre scelte. Dio non ci lancia nel mondo e poi ci dice: veditela da solo!

No, Dio ci lancia nel mondo e poi ci offre dei piccoli o grandi segni attraverso i quali vuole condurci. Ora, ancor prima di entrare nei dettagli, è importante che noi ci domandiamo: Che cos’è il segno? Il segno è una realtà il cui significato è altro, rimanda ad altro. E questa dinamica del segno pervade tutta la nostra vita. Facciamo un esempio: se entro in una stanza e trovo un mazzo di fiori, belli, la prima mia domanda è: da dove vengono? Perché? Se mi mettessi a prendere i fiori ed analizzarli scientificamente, non avrebbe senso! Noi vogliamo sapere perché, da dove vengono le cose, cosa ci indicano. E se anche mi dicessero tutti i nomi scientifici di quei fiori, non sarei soddisfatto fino a quando uno non mi dicesse: te li ha dati il papà, la mamma, il fidanzato. E allora quei fiori, fossero pure margherite di campo, avrebbero per me un significato enorme. Tutto ci parla, come dice Montale: tutte le cose portano scritto più in là, sono cioè portatrici di significato (Cfr. “Maestrale” – da Ossi di Seppia (1925) – Eugenio Montale). Proviamo a domandarci: qual è stato l’ultimo segno, piccolo o grande che sia, che abbiamo riconosciuto nella nostra giornata e che ci ha svelato un significato?

Il vero problema, allora, è che noi tante volte entriamo in rapporto con la realtà, con gli occhi bendati. Le cose per noi sono semplicemente cose, cioè non ci indicano realtà diverse, superiori, ma sono mute, non ci parlano. Allora capiamo che il problema del segno non è tanto che noi non li vediamo, ma è che noi andiamo davanti alla realtà, affrontiamo le nostre giornate, con chiusura, con il gomito davanti agli occhi. E lo facciamo a causa dei nostri peccati, della nostra piccolezza d’animo. Tutta la giornata, da quando mettiamo il piede giù dal letto, diventa solo un lamento perché le cose non sono come le abbiamo decise noi; le cose sono contro di noi; le cose non ci dicono quello che abbiamo già deciso noi, noi, e ancora noi!

Invece, dobbiamo imparare a scegliere di affrontare le giornate con apertura, con la curiosità di un bambino, con la curiosità di Montale, o di Gedeone, che sanno vedere che le cose portano scritto più in là, cercando di capire cosa Dio voglia dirti.

Troppe volte noi ci comportiamo come-se-Dio-NON-ci-fosse. E allora tutto è muto. Invece, proviamo a comportarci e a vivere come-se-Dio-CI-fosse e volesse entrare in rapporto con noi, attraverso le cose che Lui ci manda e ci fa vivere! Tutto inizierebbe e parlarci, a darci dei suggerimenti! Allora sì che la giornata diventerebbe un bellissimo dialogo tra noi e Dio, in cui chiediamo, Lui ci dice, ci suggerisce; e tu cerchi di capire, e gli chiedi di spiegarsi meglio. Ma se i tuoi occhi sono chiusi, e la tua libertà è chiusa, non vivrai mai così. Proviamo a domandarci: cosa ci aiuta in questo atteggiamento di apertura verso la realtà, fin dal primo mattino?

Allora l’angelo del Signore stese l’estremità del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; dalla roccia salì un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime, e l’angelo del Signore scomparve dai suoi occhi.

Dio ci manda dei segni! E lo fa sempre, non temiamo. Solo che non sempre, come a Gedeone, sono dei segni eclatanti. A volte sono segni molto silenziosi, che avvengono all’interno della nostra anima e che nessuno può vedere se non noi. Ad esempio: dobbiamo scegliere che cosa fare dopo la scuola o l’università. È raro che scenda un angelo dal cielo e ci dica: Tu farai questo! No, di solito non avviene così. Mentre è più facile che un’idea, un’inclinazione, resti presente nella nostra anima per diverso tempo, noi ci pensiamo e ci ripensiamo, e più ci pensiamo, più questa idea si fa strada e ci dice: ma sì, quasi quasi. Dio ci lascia dei pensieri, delle idee, perché forse sono le idee giuste! Altre volte, invece, ci manda dei segni eclatanti, tipo il fuoco di Gedeone. Ad esempio: proviamo tre volte il test di ingresso a fisioterapia e veniamo bocciati, eh beh, forse dobbiamo accettare che la realtà è diversa da quella che ci immaginavamo. In generale, comunque, abbiamo bisogno di tempo per capire. Perché magari non capiamo subito che si tratta di un segno di Dio. Dobbiamo aver pazienza e aspettare, e poi, magari, con il tempo, uniamo i puntini della nostra vita e diciamo: oh ma guarda come Dio mi ha indirizzato!

Infine, c’è sempre un rischio che dobbiamo prenderci, nonostante tutti i segni che possiamo vedere e che Dio ci può mandare. Il segno implica sempre un rischio. E perché Dio fa così? Fa così perché desidera che noi non siamo delle marionette, ma che scriviamo insieme con Lui la nostra storia. Anche Dio si prende un rischio con noi, il rischio che noi non capiamo, che sbagliamo… è il rischio della libertà: Dio si prende il rischio della nostra libertà. Ma è un rischio benedetto! Coraggio ragazzi, coraggio! Perché Dio vuole che quell’ultimo passo lo facciamo veramente noi! Magari, questo rischio, ci apre anche ad una comunione maggiore, perché chiediamo consiglio, aiuto ai più grandi, ai nostri amici, e dobbiamo vincere l’imbarazzo di chiedere aiuto! Domandiamoci: qual è stata l’ultima volta che abbiamo chiesto consiglio e aiuto? Cosa ci dona veramente coraggio?

In conclusione, Il Signore gli disse: «La pace sia con te, non temere, non morirai!», la pace è il frutto di questa “battaglia”, di questo dialogo con il Padre buono che guida le nostre vite. Perché non dobbiamo temere, Dio ci ricalcola sempre il percorso, soprattutto se sbagliamo strada!

Domande per la riflessione personale:

  • Qual è stato l’ultimo segno, piccolo o grande che sia, che ho riconosciuto nella mia giornata e che mi ha svelato un significato?
  • Cosa mi aiuta in questo atteggiamento di apertura verso la realtà, fin dal primo mattino?
  • Qual è stata l’ultima volta che ho chiesto consiglio e aiuto? Cosa mi dona veramente coraggio?