di Don Paolo Pietroluongo
da Fraternità e Missione, 11-2018

Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e
hai riscattato per Dio uomini di ogni lingua, tribù, popolo e nazione (Ap 5,9).
Leggiamo queste parole dell’Apocalisse, nel breviario, diverse volte. Io le ho
sempre collegate alla fine dei tempi, quando saremo insieme a tutti gli uomini di
tutta la storia davanti a Dio. Eppure, già su questa terra, è possibile farne esperienza.
Me ne sono accorto durante il primo incontro con gli universitari e i giovani
lavoratori che abbiamo proposto quest’anno, a inizio settembre. La mattina, mi
arriva il messaggio di Arianna. Dice che la sera saremo una quarantina di persone.
Decidiamo di mangiare all’aperto, nel cortile della casa parrocchiale: ce lo consente
il tepore insolito dell’autunno torinese. Quando ci sediamo a tavola, resto veramente
stupito. È vero che i numeri non sono importanti ma vedere così tanti giovani mi
commuove. Ragazzi del movimento, altri che provengono dall’esperienza
dell’oratorio, studenti fuori sede che hanno trovato nella parrocchia un punto di
riferimento: dal Piemonte alla Sicilia, dalla Campania all’Abruzzo, a Roma, e così
via. Cosa stanno cercando? Cosa spinge quaranta ragazzi universitari, un giovedì
sera di settembre, a fermarsi a cena nella casa di una comunità di preti? Tutti
cerchiamo qualcuno che possa spiegarci il senso di ciò che ci accade, delle nostre
sofferenze, una risposta alle nostre domande. Tutti siamo alla ricerca di quella
Persona in grado di prendere il libro della vita e di aprirne i sigilli.
Iniziamo l’incontro e il mio stupore si accresce. Tema: cosa abbiamo vissuto e
imparato durante le vacanze estive. Intervengono in tanti, forse in troppi, ma il clima
ancora estivo, il buon cibo e tanti visi così sorridenti spingono a parlare. Il primo a
farlo è un ragazzo, 19 anni, viaggio della maturità passato in un monastero in
Svizzera, da solo, per cercare Dio. Poi è il turno di una ragazza: estate faticosa,
turbolenta, ha sentito spesso il richiamo delle discoteche; poi un altro il quale, grazie
ad un amico, ha scoperto che imprecare è sbagliato. C’è chi ha imparato a fare
silenzio e a pregare; chi ha fatto un pellegrinaggio sulle orme di san Benedetto; e
ancora, chi ha preferito andarsene in spiaggia da solo per tutta l’estate. C’è chi ha
scoperto la bellezza di un seminario accompagnando il fratello che lì ha scelto di
vivere. Tanti interventi, si va avanti per un’ora e mezza. Tutti, come hanno imparato
in questi anni, dicono senza paura ciò che vivono.
Al momento della sintesi, alzo di nuovo lo sguardo e mi rendo conto che sono
tanti, differenti l’uno dall’altro, con un bagaglio di esperienze tra le più varie.
Veramente ho davanti uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione.
Questo è il fascino di Cristo, che ancora continua ad attrarre a sé uomini e donne
diversi, un fascino che abita la Chiesa e che continua a chiamare a sé tanti figli.
Perché Lui è l’unico in grado di leggere il libro che nessun altro sa aprire, il libro
della nostra vita. Il giovedì sera, in casa parrocchiale, ci sono tante persone riscattate
dall’unico sangue di Cristo, in cammino per seguirlo, per amarlo o per poterlo
incontrare di nuovo.
Ognuno in una tappa diversa dello stesso percorso, della stessa strada.