Un percorso di orientamento per i ragazzi delle superiori
di Marco Risiedi

Cosa vuoi fare da grande? Questa è la domanda con cui noi genitori, nonni, zii, insegnanti, vicini di casa tormentiamo i bambini dai 3 anni in su a intervalli regolari. Ci aspettiamo risposte del tenore di astronauta, chirurgo, violinista. Siamo felici anche se ci dicono di voler fare lo stesso lavoro di mamma o papà, soprattutto perché vediamo in questo il loro affetto per noi. Tuttavia, molto spesso le aspettative di noi adulti sono disattese. I bambini e i ragazzi frequentemente rispondono con professioni che non avevamo considerato e che non ci piacciono. A queste opzioni reagiamo in molti casi in due modi. La prima è un leggero disappunto in cui pensiamo “Sono cose che si dicono, poi cambierà idea”. La seconda è immaginare che questi lavori li faranno raggiungendo livelli di eccellenza: ad esempio chi vuole fare il cuoco sarà uno chef stellato e chi ama il disegno diventerà un illustratore o un fumettista di fama internazionale. Quando cominciano a crescere, per molti anni, non hanno la più pallida idea di cosa fare da grandi. Le domande che gli poniamo li infastidiscono, se va bene, gli mettono pressione, se va meno bene. Noi adulti però desideriamo ci dicano che faranno qualcosa di bello, di grande. Siamo ambiziosi nei confronti dei giovani a cui vogliamo bene. Desiderare il bene è una cosa giusta ma il problema è che in molti casi ci limitiamo a pensare all’essere grandi in termini di ricchezza, di sicurezza o di prestigio.

Per fortuna non lo pensano i sacerdoti di Casa Santa Giulia che desiderano altro per i ragazzi e le ragazze che incontrano. Non chiedono loro che cosa vogliono fare da grande ma chi vogliono essere da grandi. Vedono i giovani che gli sono dati come persone con molti ruoli: figli, studenti, amici, sportivi, sorelle e fratelli. Il punto di partenza è la consapevolezza – l’umiltà – di non sapere qual è il loro bene. Questo non significa essere meno ambiziosi. Don Paolo, che in questi mesi si è occupato con particolare attenzione dei ragazzi tra i 14 e i 19 anni, è molto più ambizioso della media dei genitori. Desidera sopra ogni cosa che scoprano la strada che il Signore ha pensato per ciascuno di loro.

Come lo fa? In molti modi e non da solo. Il primo è la preghiera. Prega per i suoi ragazzi e chiede ad altri di pregare per loro. Poi passa molto tempo insieme a loro. Li ascolta, gli parla, mangia con loro spesso, è nei paraggi quando fanno i compiti. Insieme guardano film, li porta a fare piccoli viaggi. Gli vuole bene. Per chi sta finendo le scuole superiori quest’anno ha proposto un percorso di orientamento, ideato insieme ad altri insegnanti e educatori. È il momento per loro di decidere se continuare gli studi o cercare un lavoro. E dopo questa scelta capire quale corso di laurea scegliere o che lavoro cercare. In cosa consiste questo percorso? Sono tre incontri in cui i ragazzi sono aiutati a orientarsi. Non viene fornita nessuna risposta. Al contrario sono presentati dubbi, spunti di riflessione, spesso vengono mostrati ostacoli. Ai ragazzi viene proposto anche un colloquio individuale con un tutor – un mentore – individuato a partire dai propri interessi. È un’occasione per loro di confrontarsi con un adulto, spesso un professionista, sulle loro idee in maniera libera senza condizionamenti. A chi partecipa è chiesto di provare ad ascoltare e ascoltarsi seriamente. Capire cosa desiderano profondamente, cosa li fa star bene e cosa li mette a disagio. L’obiettivo è scoprire la strada che Dio ha pensato per ciascuno di loro. La strada in cui essere sempre consapevoli che la cosa più importante non è cosa facciamo, ma chi siamo: figli di Dio. Possiamo allora chiedercelo anche noi oggi. Chi siamo? Siamo solo quello che facciamo o siamo più di questo?