di Davide Rossi Sebastiano

Ottobrata torinese, trenta gradi. Si riparte con il Doposcuola di Casa Santa Giulia!

Don Pietro, tre adulti, 40 ragazzi delle superiori che si alterneranno in due turni ogni 15 giorni e 17 (per adesso) ragazzini dalla Prima alla Terza Media, di ogni nazionalità, lingua e religione.

L’organizzazione non è il nostro forte. Noi non siamo “teutonici” come Don Dennis in Oratorio, ma rigorosamente mediterranei: abbiamo il sorriso di chi desidera tornare in un “luogo” dove imparare a studiare, ad amare ed essere amati.

Qualcun altro lo chiama volontariato, ma per noi è qualcosa di molto di più: noi (ragazzi e adulti) siamo lì per verificare la promessa di Don Pietro: “Vi prometto che riceverete più di quanto offrirete”. I ragazzini (li chiamerò così) stanno con noi, cercando aiuto e riconoscendosi nel luogo che insieme costruiamo. Le loro famiglie (di qualsiasi provenienza e religione) domandano un piccolo supporto per i loro figli e ce li affidano: alcune sono assistite dalla Caritas, altre sono dell’Oratorio, altre semplicemente hanno saputo di questa possibilità dai compagni di classe. Tutti arrivano grati e riconoscenti.

Oggi come dicevo è il primo giorno, sono già le 14,45. Mi posiziono davanti alla porta di ingresso e alla spicciolata arrivano i nostri piccoli studenti: chi da solo, chi con un compagno, altri portati dai genitori o da un familiare.

Ma per me c’è subito una sorpresa! Arriva anche un ragazzino dello scorso anno:

“Ciao! Che ci fai qui?”, “Sono venuto a salutarvi!”. “Dai, allora fermati almeno a giocare”.  E via che corre anche lui al campetto insieme agli altri, con il cuore che lacrima gioia e gratitudine.

È stato con noi tre anni, spesso facendoci dannare per la sua irrequietezza, ma sempre accanto a noi, attento e grato, senza mai saltare un appuntamento. Come la sua famiglia appartiene ad una religione che non è la nostra, ma le barriere a Casa Santa Giulia non esistono, l’accoglienza è nella nostra sostanza. Quest’anno vorrebbe stare ancora con noi e si dichiara disponibile ad aiutare i suoi amici più piccoli. Se i suoi genitori lo lasceranno, sarà della squadra.

Don Pietro arriva al campetto, ci riunisce in cerchio e ci ripete le poche regole del nostro stare insieme. Poi legge una pagina de “Il Piccolo Principe”: «Ho volato un po’ sopra tutto il mondo: e veramente la geografia mi è stata molto utile. A colpo d’occhio posso distinguere la Cina dall’Arizona, e se uno si perde nella notte, questa sapienza è di grande aiuto.»

Commentando brevemente queste frasi,  vuol far sì che i ragazzini guardino allo studio ed imparino in qualche modo ad amarlo, capendone in valore. Lo studio è un’opportunità, non un dovere.

Poco dopo arrivano gli studenti delle superiori: sono usciti da scuola alle 14,45 e arrivano di corsa; molti sono fedeli da anni a quell’appuntamento, altri nuovi, vengono invitati dai compagni.

Ma perché arrivano? Per mille motivi, tutti spesso riconducibili ad una frase che ripetono agli incontri di verifica: “dopo aver aiutato i più piccoli al doposcuola mi sento meglio”.

Adulti e Ragazzi, ognuno con il proprio ragazzino inizia a fare i compiti: ognuno cerca di aiutare per quello che può, senza pretese. Se alzi la testa e ascolti, senti un brusio indefinito, quasi uniforme: sono rare le voci “stonate”, tutti sono concentrati, vivi, attenti. Tutti “mettono in campo” se stessi. È un’ora (a volte un’ora e mezza) di studio intenso.

Il tempo vola, i ragazzini ritornano alle loro case: Don Pietro ci riunisce, ci chiede com’è andata o ci legge un brano; dedica ancora 15 minuti per riflettere e chiedere cosa è accaduto, quali difficoltà abbiamo, cosa proviamo dentro di noi.

Il doposcuola anche oggi è finito, ognuno torna alle proprie incombenze: chi a lavorare, chi a studiare, chi ad affrontare un lungo viaggio verso casa (molti studenti arrivano da fuori Torino).

Mentre prendo lo scooter e rientro al lavoro, mi torna alla mente Madeleine Delbrêl quando scrive che il «misticismo sta nell’essere “agiti”: per andare ai confini del mondo (anche le strade di Parigi sono il confine del mondo) non bisogna avere uno zaino pieno (di concetti, certezze, precetti, modelli di vita). Noi siamo agiti dalla Grazia, non agiamo la Grazia. »

Dobbiamo solo muovere le nostre gambe verso la porta del Doposcuola: il resto sarà un dono che umilmente dovremo saper riconoscere e ricevere.