I giovani sanno ancora ridere
di don Paolo Pietroluongo

Il volto felice di Anna dice tutto. Non si sforza, non finge. Un bel sorriso naturale, fa bene alle persone che incontra ma soprattutto fa bene lei. È la scena che vedo almeno due volte alla settimana, il martedì e il venerdì, durante la caritativa (così chiamiamo le nostre attività di volontariato) dei ragazzi delle superiori. Circa 30 giovani si alternano in gruppi da 10 per aiutare la Caritas della Parrocchia di Santa Giulia, distribuendo frutta e verdura alle persone bisognose. Normalmente io me ne sto in disparte. Dopo la preghiera iniziale e la divisione dei compiti, mi sposto dai luoghi di azione per dare una mano in modo discreto e insieme osservare ciò che accade. È un momento in cui vengo rigenerato, perché vedo i ragazzi sorridere. Di solito sono presi dallo studio, dalla noia, dai telefoni: sono appesantiti dalla vita. Sarà l’adolescenza, chi lo sa, o forse quel famoso “disagio” di cui parlano in tanti.
Eppure, durante la caritativa, non vedo volti tristi. Lollo e Dani, due “primini”, si mettono subito all’opera, infilano il cartellino della Caritas e vanno in giro per i supermercati del quartiere a ritirare gli alimenti che vengono donati al nostro punto di raccolta.

Ogni tanto tornano e mi raccontano le loro disavventure. Una volta si sono ritrovati a difendere l’operato della Caritas da gente che urlava “tanto non arriva niente ai poveri!”. E loro: “Noi lo sappiamo che tutta ‘sta roba la diamo a chi ha bisogno, lo vediamo con i nostri occhi!”.

Poi ci sono Poli e Cami che, insieme ad altri più forzuti, vanno giù nel magazzino della Caritas per dare una sistemata insieme a Luciano, il responsabile.

Come Greta, Iman e tanti altri ragazzi, non abitano attorno alla nostra parrocchia, ma hanno sentito parlare della caritativa dal loro prof. di Italiano e hanno deciso di venire ad aiutare. Giù in magazzino si divertono come dei matti: li sento ridere dalle grate che affacciano sul cortile. E Luciano, il più anziano, ride più di tutti.

Teo e Lorenzo invece portano i pacchi alimentari alle persone bisognose che non possono uscire di casa. Conosco questi due ragazzi da quando hanno 5 anni. Ora ne hanno 14, ma a me appaiono sempre piccoli. Eppure quando partono decisi con le loro buste sembrano degli uomini.

E infine ci sono Karol, Marta, Gio, Fra e tanti altri che restano in oratorio a distribuire frutta e verdura a chi non può permettersi di fare la spesa.

Amo vedere questo via vai e mi dico: “E pensare che c’è gente che dice che i ragazzi sono problematici…Forse siamo noi adulti a non saper più cosa dire e cosa dare ai ragazzi, forse siamo noi quelli problematici!”. È lì che scorgo Anna, che guarda e abbraccia con gli occhi una vecchietta che le starà dicendo qualcosa. Lei sorride e la signora si commuove. Un incontro veloce, però si vede che Anna è rimasta colpita. Chissà da quanto non sorrideva con gli occhi e col cuore. Quel sorriso fa bene innanzitutto a lei, tanto che in uno dei nostri incontri, qualche giorno dopo, lo racconta a tutti. Lei che è di prima superiore non si vergogna di alzare la mano e di dire davanti a tutti quello che ha vissuto alla Caritas: “In queste settimane – dice – ho in mente i poveri incontrati in caritativa. Ti guardano con gratitudine mentre distribuisci frutta e verdura. Mi ha impressionato questo: chi è in una situazione migliore normalmente non ha uno sguardo di felicità sulle cose, neanche io riesco ad averlo. I poveri che ho incontrato invece sì! Forse dovrei prendermi dei momenti in cui poter riflettere di più su quello che vivo tutti i giorni e sulle cose che ho”.

È bello vedere che i giovani sanno ancora ridere mentre lavorano o fanno del bene. Ma soprattutto è bello vedere come imparano da ciò che accade.