Quaderni di Santa Giulia
L’esperienza della delusione
Negli anni ho fatto molte volte l’esperienza della delusione. Ho in mente, in particolare, un episodio con un mio amico ai tempi dell’università. Andavamo a lezione con il motorino e mi ricordo che mi disse a bruciapelo: “Mi ha deluso quel tuo atteggiamento! Spero che non accada mai più, altrimenti non so come possa andare avanti la nostra amicizia”. Per la prima volta mi ero reso conto che potevo ferire le persone con i miei atteggiamenti. Avevo deluso qualcuno e questo mi addolorava. E ricordo anche che in me nacque un senso di soffocamento che mai avevo sperimentato: possibile che in un’amicizia non si possa sbagliare?
Poi crescendo, con il tempo, ho fatto altre esperienze di questo tipo: in famiglia, durante il tempo dell’università a Milano, in seminario, e anche in casa con gli altri sacerdoti. Molti mi hanno deluso, almeno una volta. Ma perché c’è questa esperienza della delusione? Per quale motivo gli amici, quelli più stretti, almeno una volta non ci hanno stimato e capito? Alcune risposte che mi sono dato sono:
- Le persone mi feriscono e mi deludono perché tante volte poniamo in loro delle aspettative troppo alte. Cosa vuol dire questo? Semplice, vuol dire che spesso e volentieri chiediamo alle persone di darci qualcosa che non sono in grado di offrirci. Ci sono in noi, nel nostro cuore, delle domande enormi, infinite. Si tratta di quelle esigenze fondamentali che sono alla base del nostro vivere: l’esigenza di amare e di essere amato, l’esigenza della bellezza, della felicità, della giustizia. Queste domande sono infinite, e sono quelle che ci fanno muovere, che ci fanno alzare dal letto la mattina. E tante volte noi pensiamo che debbano essere i nostri amici a rispondere a queste domande. Noi chiediamo ai nostri amici di essere accolti, stimati, ascoltati, in un modo che è molto profondo. Ma, poverini, loro non sanno farlo. Non sono cattivi, semplicemente chiediamo loro qualcosa che non sono in grado di darci, chiediamo loro di darci qualcosa che in realtà può donarci solo Dio, perché solo Lui può compiere ciò che c’è nel nostro cuore. Senza poi dimenticare che tante volte le nostre richieste di amore, rispetto, fiducia, stima si trasformano in pretese. “Tu devi volermi bene così, in questo modo, come dico io, essendo sempre disponibile, sempre pronto a capirmi e stimarmi”;
- Un altro motivo per cui ci sono queste esperienze di delusione è questo: noi ci leghiamo veramente alle persone. Si creano dei legami profondissimi, basti pensare agli amici stretti o ai genitori. E per questo ciò che domina nel nostro cuore è una lamentela: “ma come, proprio tu che dovresti capirmi, che ti reputi mio amico, proprio tu che sei mio padre, non mi capisci? Proprio tu mi deludi?”. Se le persone ci deludono è perché si sono creati dei legami profondi. Infatti io non sono ferito o deluso dalle persone con cui non ho un legame.
Cosa fare?
Davanti a queste esperienze che cosa possiamo fare? Come agire? Vedo solo due soluzioni.
- Possiamo chiuderci in noi stessi. Siccome le persone ci deludono è meglio starsene per fatti propri. Per non vivere ancora questi dolori preferiamo allontanarci da tutto e da tutti, proprio per evitare di ferire ancora o di farci del male. Penso, però che questa soluzione, sia molto riduttiva. Infatti noi non siamo fatti per stare da soli, ma siamo fatti per vivere con altri, per avere degli amici. Ovvio, aprire il proprio cuore, ti mette molto a rischio, perché mostri una parte di te che può essere delusa, ferita…ma in fin dei conti non riusciamo a rimanere isolati, perché non è ciò che il nostro cuore desidera.
- La delusione può farti crescere, può farti diventare grande. Per far capire questo, faccio l’esempio del rapporto con i genitori. I nostri genitori possono sbagliare, anche malamente. Possono deluderci. Non sono pochi i casi in cui i nostri genitori litigano e magari arrivano alla decisione di separarsi. Queste loro scelte, però, possono realmente farci crescere. Come?
- Decidendo, per esempio, di non fare le loro stesse scelte, e impegnarci per non commettere gli stessi errori che abbiamo visto in loro;
- Possiamo decidere di concentrarci sui nostri rapporti di amore, sulle nostre amicizie, per iniziare noi a costruire la nostra vita, il nostro futuro;
- Inoltre, gli errori dei genitori ci possono aiutare a guardare a loro come sono realmente, ovvero delle persone normali che sbagliano, dei poveri peccatori come noi. E questo ci spinge a volergli più bene. Ma pensate quale dramma sarebbe per un figlio o una figlia sapere che il proprio padre o la propria madre sono perfetti, infallibili! Io mi sentirei sempre inadeguato, inadatto!
- Infine, la delusione dei tuoi genitori ti può aprire alla domanda: c’è qualcuno che non ti delude mai? Io ho trovato la risposta solo in Dio. Solo lui non mi ha mai deluso. A volte non l’ho capito, ma non mi ha mai deluso!
L’esperienza del perdono
Se tutto questo è vero, allora non c’è altra strada che imparare a perdonare. Se è inevitabile che certi rapporti ti deludano, e se questo è un bene perché così possiamo crescere, maturare, allora non c’è altra strada che imparare a perdonare. Come fare? Come imparare?
- È vero, le persone a noi care sbagliano, ci feriscono. Ma ci siamo mai domandati se sbagliamo anche noi? Se anche noi feriamo i nostri cari? Noi pensiamo di essere perfetti e immuni, pensiamo di essere i migliori, che nessuno ama come amiamo noi. Ma non è così. Iniziamo a pensare che forse anche noi sbagliamo e feriamo gli altri, e forse saremo più capaci di perdonare;
- Noi non ci domandiamo mai perché gli altri si comportano in un certo modo, perché gli altri non ci danno certe attenzioni che vorremmo o non sono in grado di volerci bene. Non ci viene mai in mente di provare a comprendere, di provare a capire gli altri. Gesù, mentre era in croce, ha guardato i suoi uccisori e ha pregato il Padre dicendo: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno. Gesù, nel momento più difficile della sua vita, poco prima di morire, è riuscito a “mettersi nei panni” dei suoi uccisori, e ha provato a capirli. Non sapevano cosa stavano facendo, ecco perché hanno agito così;
- Si può perdonare solo se l’esperienza di amicizia che facciamo è indirizzata verso un ideale grande. Se il nostro stare insieme è solo per passare del tempo, per trascorrere insieme delle serate, per farci compagnia, “perché io con te ci sto bene”, al primo errore di uno di noi, l’amicizia finirà, o sarà compromessa per sempre. Se invece riconosco che l’amico mi è stato dato per camminare verso la verità di me stesso e verso Dio, allora sono in grado di ricominciare sempre! Nella nostra casa io posso ricominciare sempre con i miei fratelli che mi deludono e che io deludo, proprio perché sono certo che loro mi sono stati donati per camminare verso Dio e verso la realizzazione di me. È questo che mi dà la forza di perdonarli!
Ecco cos’è il perdono. Non è dire “vabbè dai, non fa niente, non ti preoccupare”, ma è dire “ti perdono, perché riconosco che stiamo camminando insieme, io e te, entrambi peccatori, entrambi imperfetti, e in questo cammino c’è spazio anche per gli errori. Ma coraggio, rialziamoci e ripartiamo”. In questo modo l’amico viene veramente abbracciato per quello che è. Viene abbracciato anche il suo male, i suoi limiti, e questo contribuisce a rendere più vero il rapporto. Non posso pensare a delle amicizie pure, dove non ci sia spazio anche per il mio male! Ma ripeto, questo perdono si può concedere solo se è chiaro l’ideale per cui stiamo insieme, altrimenti al primo errore l’amicizia finirà.
Ecco perché penso che il lavoro più grande che ci è chiesto di fare è giudicare perché stiamo insieme. Ogni amicizia deve arrivare a questa chiarezza.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]